
ALESSANDRIA - A 40 anni dalla legge epocale sull'interruzione di gravidanza si discutono ancora le migliorie su come garantire questo diritto.
Il Consiglio Regionale del Piemonte ha approvato in questi giorni un documento sui 'criteri per garantire l'effettivo accesso alle procedure'. Con 31 sì e 12 no, sono passate le direttive che definiscono chiaramente che ci debba essere un medico disponibile a effettuare interruzioni in gravidanza in ogni presidio ospedaliero. Contestualmente si richiede un potenziamento dei consultori.
La necessità di dover intervenire sulla legge 194 in Piemonte è dettata da una situazione mai 'sanata' neppure con i cambi generazionali: l
'obiezione di coscienza.
All'Ospedale di Alessandria i medici che eticamente hanno scelto di non fare aborti sono l'80%, mentre tra i medici anestesisti la percentuale si inverte: i non obiettori sono il 94%, così come tra infermieri e ostetriche la percentuale di chi assiste le donne è dell'88%.
Non va meglio negli altri due punti nascita rimasti in provincia di Alessandria gestiti dall'Asl Al. La media è di quasi l'80% degli obiettori. Tra gli 11 ginecologi di Novi Ligure, 2 non sono obiettori, mentre i colleghi di Casale Monferrato che non hanno segnalato di avere remore etiche sono sempre 2 su 7.
A Novi, nel 2017, si sono praticate 199 interruzioni di gravidanza, 92 chirurgicamente e 107 con il metodo farmacologico. Numeri decisamente inferiori nel Monferrato, con 58 aborti (40 chirurgici e 18 ricorrendo alla RU486). Nonostante la richiesta sembra che l'Azienda Ospedaliera di Alessandria non abbia invece sotto mano queste statistiche, per cui non ci è stato fornito il numero degli interventi di questo genere. In ogni caso nelle strutture sanitarie alessandrine la garanzia di avere sempre un medico che sia disposto a praticare un aborto non viene meno, anche se pare siano sempre i soliti camici bianchi a dover fare gli straordinari. Il direttore del dipartimento Asl, Federico Tuo, non obiettore, è spesso chiamato sabato e domenica a 'coprire' questo diritto.
Perché tanti obiettori tra i medici, nonostante la presenza di una legge non certo nuova, e quindi conosciuta già al momento degli studi?
La spiegazione 'non ufficiale' tra i corridoi dei reparti è molto pratica e poco etica: l'impegno. Essere 'non obiettori' implica di dover seguire le emergenze – non esiste una lista d'attesa e non si va su appuntamenti – e dare una 'risposta immediata' alla donna richiedente. Gli aborti farmacologici, poi, impongono un ricovero di tre giorni. Difficile stabilire chi tra medici sia veramente mosso da scelte di coscienza e chi da valutazioni di mero carico di lavoro, ma sta di fatto che dopo 40 anni la società è ancora costretta ad interrogarsi su come garantire quel diritto.