
CRONACA – Secondo l'accusa Rosa Anna Rapetti, di Lerma, aveva percepito una somma complessiva pari a poco più di 9 mila euro. Ma non ne avrebbe avuto diritto. La richiesta della
pensione di accompagnamento era stata presentata all'Inps tra il 2013 e il 2014, quando era ospite della figlia. Dopo la visita del medico legale, l'Asl aveva effettivamente attestato come la donna avesse problemi di deambulazione, tale da non renderla autosufficiente. Ma qualche anno dopo, tra il 2016 e il 2017, venne immortalata da riprese video che
avrebbero dimostrato, invece, come la donna fosse in grado di alzarsi e camminare. L'ente di previdenza chiedeva quindi la restituzione delle somme che, a suo dire, erano state indebitamente incassate.
Difesa dagli avvocati Roberto Bellati e Fausto Cavallone, in udienza preliminare, è stato però fatto notare come
non vi è norma che indichi come un fruitore di indennità di accompagnamento sia tenuto a dare comunicazione di un miglioramento dello stato di salute. Ben diverso sarebbe stato il cambiamento di uno stato oggettivo (esempio morte del coniuge). Ma non sembra essere questo il caso. Anche perchè in fase di indagine non sarebbe stato possibile accertare da quando vi fosse tale miglioramento. Tutte motivazioni che hanno portato il giudice a stabilire il “non luogo a procedere” per truffa che, in questo caso, sarebbe constita in un “silenzio antidoveroso”.