OVADA - La classe VC della scuola “Damilano” di Ovada, nell’ambito del Progetto di Continuità con
A quanti anni hai iniziato a recitare?
Ho iniziato a recitare “da professionista” all’età di 19 anni.
Da piccolino volevi fare un altro lavoro?
Da piccolo volevo fare il muratore perché volevo imitare mio nonno, al quale ero molto legato, però non ci ho mai pensato seriamente. (Alberto e Gabriele)
Ian Bertolini è il tuo vero nome o è un nome d’arte?
Ian Bertolini è il mio vero nome ed è ebraico.
Per quale motivo vuoi fare l’attore?
Per passione e perché non saprei fare un altro mestiere.
Qual è stata la tua opera più complicata? Per quale motivo?
L’ opera più difficile è stata “ Questo è un uomo, questa è una donna”, che metterò nuovamente in scena a gennaio al Teatro della Tosse di Genova. E’ complicata perché è difficile dal punto di vista scenografico. (Francesca)
In quali teatri ti piacerebbe recitare?
Mi piacerebbe recitare in molti teatri : in Italia e all’estero, ma mi basta il pubblico. Ogni luogo per me è un teatro. (Nicolas)
C’è stato un attore a cui ti sei ispirato?
L’attore a cui mi sono ispirato è Paolo Poli, che ho conosciuto a Roma e sono rimasto una settimana a casa sua. (Giovanni)
Hai mai conosciuto Luzzati?
Sì, l’ho conosciuto, ma non mi ricordo bene, perché l’ho incontrato alle elementari nella libreria Mondadori di Genova. (Giovanni)
Oltre a fare l’attore e il regista, fai qualche altro lavoro?
No, anche se per un mese ho fatto il cameriere perché mi servivano i soldi per mettere in scena uno spettacolo; ho fatto anche altri lavori tipo il tecnico delle luci, ma voglio fare solo l’attore. (Giulia)
Ti sei mai emozionato in una delle tue commedie?
Sì, sempre: bisogna sempre emozionarsi per fare l’ attore bene. Mi sono emozionato molto quando ho recitato al Politeama. (Iris)
Qual è stata la tua prima commedia?
‘900 express, che era la storia di tutto il Novecento. (Giulia)
Qual è l’opera che ti rappresenta di più?
Al momento “Centoundici nuvole” che è stata replicata per ben quaranta volte; è lo spettacolo che mi rappresenta di più perché l’ho scritto con passione e sacrificio; ero da solo e da solo mi confrontavo con il pubblico. Reputo speciale questo spettacolo perché ricorda le centoundici persone che sono morte nel crollo della diga di Molare: questo spettacolo l’ ho sentito molto dentro di me. (Lorenzo)
Ti hanno premiato per qualche tua opera?
No, non ho mai ricevuto alcun riconoscimento ufficiale, ma io ritengo un premio la presenza di seimila persone ai miei spettacoli; in particolare “Centoundici nuvole”, che ha avuto un notevole successo di pubblico.
Cosa trova di speciale in “Centoundici nuvole”?
Trovo che rappresenti il dramma di centoundici persone che, a causa di qualcuno, hanno perso la vita. (Jacopo)
Come ti sei sentito durante la tua prima recita?
Mi sono sentito abbastanza bene, anche se ero un po’ ansioso e preoccupato. Si trattava di una rassegna promossa dai fratelli Alloisio, ma la vera emozione l’ho provata con “Centoundici nuvole”. (Karim)
Continuerai a fare l’attore?
Non lo so, spero di sì, perchè rappresenta il mio modo di esprimermi. (Kevin)
Cosa ti ha portato a fare il regista e l’attore e quando ti sei reso conto di volerlo fare davvero?
Quando mia mamma faceva la barista al teatro Politeama, io, che ero piccolo, mi sedevo in prima fila e assistevo agli spettacoli; a volte gli attori mi portavano dietro le quinte a vedere i camerini. Così mi sono appassionato a questo “mestiere” e alle medie ho deciso di provarci anch’io. (Lorenzo e Francesca)
E’ difficile fare il regista?
No, perché lo faccio con passione e penso, come Peter Brook, che “per essere un regista bisogna autodefinirsi tale”. (Matias)
Perché molte delle tue opere sono ispirate a canzoni di De Andrè?
Perché da piccolo ascoltavo dai nonni la sua musica. Diventando grande, ne ho capito anche il significato. Il mio primo spettacolo era tutto su De Andrè; sono stato aiutato a metterlo in scena dalla compagnia “Abretti” di Ovada e dalla “Fondazione De Andrè”. (Sebastiano)
Dove hai studiato per diventare attore?
Sono un autodidatta, cioè ho imparato da solo. (Steve)
Ti piaceva studiare?
No, quando lo dovevo fare, lo facevo per il voto; mi piace studiare, ma “a modo mio”: ad esempio adoro studiare le parti delle opere teatrali. (Simone)
Che cosa studi all’università?
Studio Lettere perchè mi sembra una facoltà inerente al lavoro di attore. (Tommy)
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